Frasi, espressioni, modi di dire che non dovremmo mai rivolgere ad un bambino, per salvaguardare il suo benessere psicologico ed emotivo.
Si diffonde sempre di più la consapevolezza che le parole abbiano un peso importantissimo sui nostri pensieri e le nostre emozioni, al punto da dirigere le nostre scelte e la piega che prenderà la nostra vita.
Che, così come una parola positiva è in grado di farci schizzare l’umore alle stelle, una parola sbagliata, detta al momento sbagliato, dalla persona sbagliata, ci si attacca addosso come uno strato di catrame, intossicando la percezione che abbiamo di noi stessi, delle nostre capacità, delle situazioni.
Questo è vero tra adulti. Figuriamoci con i bambini, che non hanno ancora gli strumenti per schermarsi emotivamente.
La maggior parte delle frasi che ci “scappano” quando perdiamo la pazienza, ci arrabbiamo o cerchiamo di ottenere qualcosa da un bambino durante il capriccio, non sono (fortunatamente) imprecazioni gravi: tuttavia rischiano di risuonare così forte da amplificarsi e creare, senza volerlo, dei veri e propri traumi inconsci.
E’ vero: nel momento di rabbia è difficile agire con lucidità, perché si tende a sfogare verbalmente la frustrazione accumulata.
La rubrica #frasi #tossiche nasce con lo scopo di aumentare la consapevolezza del peso che alcune parole possono avere sulla psiche di un bambino
e questo ci da qualche chance in più di morderci la lingua al momento necessario e trovare un modo più corretto di farci ascoltare!
Ecco alcune delle cose che dovremmo cercare di non dire mai ai bambini:
1 – Devi mangiare tutto perché ci sono bambini che muoiono di fame!
Questo è un esempio di frase ricca di buone intenzioni nel principio che intende trasmettere, e che invece ha un risvolto negativo molto importante.
Innanzi tutto, fisicamente, forza il bambino ad ignorare il senso di sazietà, costringendolo a mangiare nonostante non abbia più appetito; in questo modo, dal punto di vista psicologico, lo porta a mettere in dubbio che ciò che sente dentro di sé sia vero.
A livello emotivo, inoltre, il bambino è spinto ad ignorare i propri bisogni pur di accontentare gli altri: non mangio perché ho fame, ma per far felice qualcun altro.
…che poi, se proprio vogliamo che il bambino trasmettere al bambino il valore del non sprecare il cibo, riflettiamo se non sia più corretto cucinarne meno!
2 – Sei proprio un bambino cattivo/maleducato/piagnucoloso, ecc…
Una frase come questa può facilmente uscire in maniera molto impulsiva durante un rimprovero. Nella nostra intenzione crediamo di far riflettere il bambino su qualcosa di sbagliato, in realtà lo stiamo giudicando e, ancor peggio, gli stiamo affibbiando una pesante etichetta: tu SEI così.
Durante un rimprovero è importantissimo
commentare il comportamento, non il bambino!!
“Questo comportamento è molto antipatico / Questa cosa che hai fatto è maleducata / Hai detto una cosa brutta, ecc…”
Attribuire ad un bambino un giudizio, soprattutto se negativo, rischia di diventare una profezia che si auto-avvera, uno dei fenomeni più studiati in psicologia sociale: a forza di sentirsi dire di essere in un certo modo, il bambino se ne convincerà davvero e inizierà a comportarsi proprio così.
Ma fai attenzione: ricorda che questo vale anche in positivo! Anche l’elogio frequente alla persona (sei un genio, sei bellissimo, sei intelligentissimo,…) rischia di diventare un’ aspettativa troppo alta da soddisfare sempre.
3 – Quando fai così non ti voglio più bene!
Innanzi tutto renditi conto che è una bugia: realmente smetti di voler bene a tuo figlio in quel momento?
Ma sopratutto prendi consapevolezza che, in questa frase, è insito un vero e proprio ricatto affettivo: è una manipolazione psicologica ed emotiva, con la quale il bambino viene minacciato se non asseconda ciò che il genitore vuole in quel momento.
Una frase come questa pesa enormemente sulla crescita emotiva del bambino, sulla sua autostima, sulla fiducia in se stesso e nel rapporto con noi, e instilla in lui anche un senso di colpa.
Un bambino deve crescere con la sicurezza di essere accolto in ogni caso, anche quando non si comporta bene: a noi sta il compito di dimostrargli che ci sono comportamenti che meritano approvazione ed altri no, senza mai mettere in discussione il legame di amore con lui.
4 – Non sei capace/lascia, faccio io!
Ovvero: come entrare a gamba tesa nell’autostima di un bambino.
Letta così, ci si rende subito conto di come, una frase del genere, possa minare profondamente l’equilibrio psicologico di un bambino e la sua percezione di sé.
E’ inutile che ci provi, tanto non riesco – Sono un incapace – Non sono buono a nulla – Non so fare niente – … Questi sono i pensieri che rischiano di insinuarsi nella mente di un bambino al quale viene ripetuta una frase del genere.
Ma stiamo molto attenti: questa espressione è più subdola di quel che si possa pensare, perché al contrario delle altre, che escono per lo più nei momenti di rabbia, questa “ci scappa” spesso a fin di bene!
Quando vediamo il nostro bimbo in difficoltà nel fare qualcosa, quando vediamo che non sa come fare, quando non sa eseguire un compito che gli abbiamo dato: in questi casi è importantissimo evitare questo modo di rivolgerci e piuttosto
creare una condizione facilitante perché il bambino possa farcela da solo (o, al limite, insieme).
Semplificate il compito, oppure intervenite per iniziare voi e lasciare poi che sia lui a terminare l’attività; spiegate al bambino che lo farete insieme e rassicuratelo sempre con frasi come
“Guarda, mi sono accorto che in realtà questa cosa è un po’ difficile: proviamo a farla insieme / Aspetta, facciamo così: io inizio e poi continui tu, ok? / …”
In questo modo il bambino potrà, innanzi tutto, osservarvi ed avere un modello da imitare; inoltre avrà la percezione di non essere un incapace, ma semplicemente di trovarsi di fronte ad un compito difficile.
Nei casi più estremi è giusto e rispettoso spiegare al bambino che “Scusami, questa volta mamma/papà ha sbagliato: ti ho chiesto di fare una cosa che però è troppo difficile”. Ovviamente, la volta successiva, sarà importante cercare di proporre al bambino un compito alla sua portata.
Quante volte mi sono sentita dire queste frasi! E non solo queste.
Paragoni con gli altri, sono stati sminuiti i miei stati d’animo quando piangevo (mia mamma è arrivata a imitarmi mentre piangevo), sono stata responsabilizzata nel dover dare il buon esempio a mia sorella minore.
Risultato?
Sono un’adulta insicura, ansiosa, con il D.O.C. Quando il DOC era diventato ormai ingestibile ho deciso di farmi seguire da una psicoterapeuta, devo dire eccezionale e unica.